Il polo Astiss è la prima sede universitaria italiana intitolata a Rita Levi Montalcini, neurologa e senatrice a vita, Premio Nobel per la medicina nel 1986. Un tiglio è stato piantato in suo ricordo; la targa a suo nome accoglie studenti e professori.
La cerimonia di intitolazione si è svolta nell’aula magna dell’Università, affollata per l’occasione. In prima fila la famiglia Montalcini (Rita, Gino, Anna Re, Fabio, Monja Man- gano), al tavolo dei relatori amministratori, autorità e rappresentanti del mondo universitario. Voce ai ricordi di famiglia con la nipote Piera, ingegnere elettronico, presidente dell’associazione Levi-Montalcini e nel Cda della Fondazione dedicata alla scienziata: «Alla zia Rita sono state intitolate molte scuole e istituti - ha detto la nipote - Sono una settantina dal Trentino alla Sicilia, ma questa è la prima università Levi-Montalcini». Premio Nobel, personalità pubblica, Rita Levi-Montalcini è stata anima di una famiglia che ha un forte legame con Asti: « Le origini della nonna. Castelrosso a Ferrere dove sono stata vice sindaco, con gli anni in Valle San Pietro e villa Basinetto in tempo di guerra». E fu proprio nel periodo astigiano che Rita Levi-Montalcini ebbe le prime intuizioni sulle scoperte che le avrebbero portato notorietà mondiale: «Per i suoi esperimenti utilizzava le uova raccolte nelle cascine - ricorda la nipote - Erano tempi di guerra: la vostra terra ha ospitato e difeso molti ebrei».
Cittadina onoraria di Asti, la senatrice Montalcini tornò nel 2001 per l’ultima volta in occasione del Palio. «Zia Rita ha trasmesso la sua voglia di guardare avanti e oggi è ancora molto amata – ha concluso la nipote – Paragonando il suo lavoro alla pittura della sorella Paola, diceva che non erano mondi così lontani perché “la scienza non è avulsa dalla fantasia”». Mentre sullo schermo scorrono le immagini della scienziata e la consegna del Nobel, la parola passa al professor Francesco Della Valle, allievo della scienziata: «L’intitolazione dell’università coincide con il suo pensiero – ha detto – Ci siamo conosciuti nel 1974. Amo definirla “una dolce e profonda rivoluzionaria”. Dolce perché non ha mai cercato di imporre le sue idee, scientifiche e non: le ha sempre enunciate con grande semplicità perché voleva fossero capite. Rivoluzionaria perché ha sempre coltivato e applicato le sue scoperte».